Ho sempre avuto una profonda stima per Roberto Mancini. Quando ero un pischello, negli anni Ottanta, era il mio calciatore preferito. Dopo quelli della Roma, ovviamente. Pruzzo, Nela, Conti, poi c’era lui. Poi, quando ha iniziato a vestire maglie celesti mi è un poco venuto a uggia.
L’altro giorno lo ascoltavo inveire contro Tevez su Sky Sport, ripetere che c’è bisogno di tutti, che tutti gli attaccanti sono importanti. Anche uno come l’argentino, aggiungo io, uno che in estate ha fatto di tutto per andarsene. Rifiutare di entrare ad aiutare i compagni che perdono non è mai bello, oltre che un offesa all’allenatore è uno sgarbo ai compagni, per non parlare dei tifosi che pagano di tasca loro per andare a Monaco di Baviera a prendere due schiaffi da Gomez. L’attaccante ha smentito, parlando di fraintendimento linguistico. Mi sono andato a guardare i tabellini del City dal 7 agosto, quando iniziò la stagione con la Community Shield (sconfitta contro lo United, oh yeah!). da allora i Citizens hanno disputato nove incontri, Tevez ne ha giocati due dall’inizio: quello di Carling cup contro il Birmingham (praticamente un’amichevole essendo la Carling poco più di un portaombrelli), restando in campo 82 minuti, e quello di Premiership del 10 settembre, in casa contro il Wigan. In quell’occasione Tevez restò in campo 60 minuti. Poi è subentrato 3 volte (il 21 agosto contro il Bolton al 68′, il 14 contro il Napoli all’80′, il 18 contro il Fulham all’82′), altre due è rimasto in panchina a guardare gli altri giocare. A me Tevez non piace ma mi sembra davvero pochino per uno che dovrebbe essere considerato alla stregua degli altri. Almeno a sentire Mancini che lo ha ripetuto più volte. O forse il tecnico ex Inter, ex Lazio, ex Fiorentina, e che in carriera avrebbe voluto giocare solo con la maglia della Samp ma che poi ha vestito anche quella della Lazio e del Leicester, è un bugiardo e in verità Tevez gli sta cortesemente antipatico e lo vuole solo umiliare per il desiderio ampiamente espresso in estate di andarsene da Manchester. “Non ci andrei neanche in vacanza avrebbe detto”. Il City lo ha sospeso per due settimane e lui era talmente sconvolto da andarsene a giocare a golf con la moglie.
Restano le parole di Mancini, uno di cui il presidente Enrico Mantovani, nel novembre 1997, disse, dopo la sconfitta della sua Samp contro la Lazio guidata in campo proprio da Mancini: «Aveva detto, se non sbaglio, che contro la Samp non se la sarebbe mai sentita di giocare. Si vede che sa dimenticare in fretta, beato lui. Non solo contro di noi ha giocato, ma ha anche cercato con astuzia il rigore che ha sbloccato la partita. Per carità, nessuna polemica: mi ha semplicemente impressionato il modo in cui si riesce a mettere da parte quindici anni di vita». Di uno così, si potrebbe anche dire che è un bugiardo, giusto?

Il mio barbiere, classe ’41, mi ha regalato ieri l’altro una sua massima di vita: non dispensa mai opinioni politiche o pettegolezzi spinti qualora in salone vi siano clienti che da più di 10 anni pretendano la medesima acconciatura, perchè, a suo dire, infidi e falsi. Ora, non so da quali leggi che governano l’universo tragga questa sua convinzione psico-tricologica, ma mi rendo conto che ben si adatta a Mancini Roberto da Thiesi.
direi che il tuo barbiere è davvero molto saggio
Pardon, da Jesi.